TEMPLARI

                         

              

 

 a cura dell'ing.

GIANNI GLINNI 

 

 

I TEMPLARI

TRATTO DA CORTI DI CRONACA  DEL  07-03-2007

  

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I TEMPLARI

TRATTO DA CORTI DI CRONACA  DEL  17-03-2007

                                                                                                                                                                

I TEMPLARI DI LUCANIA

E’ probabile che la maggior parte di noi sia venuto a conoscenza dell’esistenza di un antico ordine cavalleresco, quello dei Templari, leggendo “Il pendolo di Foucault” di Umberto Eco oppure “Il Codice da Vinci” di Dan Brown. Ma questi antichi cavalieri, che in realtà erano dei monaci combattenti, compaiono molto spesso anche in film d’avventura, come quelli di Indiana Jones, ed in tantissimi documentari che parlano di misteri. Perché tanta attenzione su questo ordine monastico cavalleresco che non era l’unico all’epoca delle crociate. Ne esistevano infatti anche altri come quello degli Ospitalieri, che esiste ancora oggi come Ordine dei Cavalieri di Malta, o quello dei Teutonici, cui si ispirarono tristemente le SS tedesche. Il motivo di questa notorietà che lo lega a tanti misteri storici irrisolti è dovuto ad un poeta tedesco vissuto tra il 1170 ed il 1220: Wolfram von Echembach. Wolfram era un cavaliere alla corte di Turingia e scrisse attorno al 1210 un poema cavalleresco intitolato Parzival. In questo poema Wolfram si ispirò ad un poeta francese, Chretien de Troyes che qualche anno prima aveva composto “Le Roman de Perceval ou le conte du Graal” dove per la prima volta compare la leggenda di un misterioso oggetto chiamato “Graal”.

Fu Wolfram a legare il nome del Graal a quello dei Templari, sostenendo nel suo Parzival che questi ultimi erano i custodi del Santo Graal. Sempre Wolfram sosteneva che la sua era la storia vera e che aveva avuto queste informazioni da un misterioso personaggio di nome Kyot. Poichè la sua descrizione della vita dei Cavalieri Templari era molto precisa, molti sostengono che Wolfram era egli stesso un Templare.

 

Figura  SEQ Figura \* ARABIC 1: Wolfram von Echenbach

 

 

Da allora la immagine che si ha di questi monaci cavalieri è quella di cavalieri con un mantello bianco con l’emblema di una grande croce rossa detta Croce Patente,  provenienti dalla Francia o dall’Inghilterra, comunque nordici.

 

 

 Questa immagine sembra dunque provenire da terre molto lontane da quelle del Sud Italia. La ricerca storica attuale tende a confermare questa immagine, attribuendo l’origine dell’Ordine Templare a cavalieri provenienti dalla Francia ed esattamente dalla Champagne. Il suo primo Gran Maestro sarebbe un certo Hugues de Payen che importanti storici contemporanei, come Malcom Barber e Bulst-Thiele[1] hanno identificato in un certo Hugue de Peanz, un cavaliere della Champagne della corte del conte Hugo I° de Champagne. Sembrerebbe quindi tutto chiaro e risolto, almeno sotto questo profilo, se non fosse che alcuni altri documenti sostengono una  tesi diversa, e cioè che il primo Gran Maestro dei Templari proveniva in realtà dal Sud Italia, era signore di Nocera e Forenza e si chiamava Hugo de Pagano. A sostenere ciò è uno storico Napoletano, Filiberto Campanile, vissuto agli inizi del 1600, una epoca nella quale l’Ordine Templare era già stato soppresso da 300 anni perché considerato eretico. Campanile è preciso e chiaro nella sua cronaca storica che parla della Famiglia Pagano. Egli sostiene di aver preso le informazioni da antichi documenti appartenenti alla regina di Napoli Giovanna I°, la famosa regina Angioina vissuta a metà del 1300 e morta strangolata. Purtroppo non è più possibile controllare la esistenza di questo documento perché l’intero archivio angioino di Napoli fu distrutto dai Tedeschi nel 1943. Tuttavia tutte le informazioni contenute nel documento sono state verificate e risultano rispondenti al vero. Uno studioso fancese, Menager, ha ritrovato alcuni atti di donazione del 1086 che confermano l’esistenza di un Pagano de Paganis signore di Forenza il quale con sua moglie Emma fecero donazioni alla Abbazia di Banzi, vicino Forenza, in Lucania. Da Pagano e sua moglie Emma sarebbe nato, attorno al 1070, Hugone. Scrive il Campanile “Ugone nell’anno 1117, sotto il pontificato di Gelasio II, passando in Gierusalem ivi con Gofredo di Santo Ademaro.... instituì l’ordine de’ Templari, e ne fu egli il primier Gran Maestro, com’anche confirmano Carlo Sigonio, Paulo Emilio, Volaterano & altri”. Il primo Gran Maestro dei Templari sarebbe dunque un cavaliere normanno proveniente dal Sud Italia. Ma tutto questo non coincide con quanto ricostruito dalla storia ufficiale, quindi gli storici dicono che si tratta di un falso. C’è da chiedersi “Perché Filiberto Campanile ha voluto scrivere un falso?” La risposta degli storici è “Per nobilitare la famiglia Pagano”. Ora, per chi ricorda un poco la storia dell’epoca nella quale visse Filiberto Campanile, il 1600, ricorderà anche che fu proprio in quel periodo che la Chiesa di Roma mandò al rogo il povero Giordano Bruno, il filosofo di Nola ritenuto eretico. Non sembra un poco azzardato dunque da parte di Filiberto Campanile andare a ripescare proprio il primo Gran maestro dei Templari, ossia il fondatore di quella che a quell’epoca era considerata una antica banda di eretici, per “nobilitare” la famiglia Pagano? Se si trattava di un falso, Filiberto poteva spaziare come voleva: perché complicarsi la vita con il primo Gran Maestro dei Templari? Tanto più che non si conosceva neanche che titolo nobiliare avesse Hugo de Pagano.  Per conto mio, se fossi stato uno della Famiglia Pagano, mi sarei quantomeno preoccupato e avrei fatto sparire questa informazione falsa. 

La rivalutazione dell’Ordine Templare di matrice massonico-esoterica avverrà un secolo dopo, nel 1700, quindi non esiste nessun motivo per un falso del genere.

 

Figura  SEQ Figura \* ARABIC 2: Frontespizio della cronaca del Campanile

 

Un altro documento preso a riferimento dai sostenitori dell’Hugo de Pagano Lucano, è la “lettera Amarelli”, una lettera che Hugo avrebbe inviato a suo zio nel 1103 da Gerusalemme per comunicare la morte di suo cugino Alessandro. In questa lettera Hugo fa riferimento alla difesa dei pellegrini facendo riferimento al Santo Sepolcro. La lettera esistente oggi sarebbe una trascrizione fatta da un Notaio di Napoli nel 1600 di una traduzione dal latino in Italiano fatta a sua volta nel 1400. La lettera riporta in calce una firma  notarile. La risposta degli storici ufficiali è anche in questo caso che si tratta di un falso per nobilitare la famiglia Amarelli. Ora, a parte le considerazioni che abbiamo già fatto riguardo a Filiberto Campanile e continuano a valere anche in questo secondo caso, questa situazione sarebbe ancora più paradossale. Chi fa un falso cerca normalmente di aderire il più possibile all’originale: la storia della origine dei Templari che leggiamo da Guglielmo di Tiro racconta  che i templari nascono per iniziativa di Hugo de Paganis nel 1118, a Gerusalemme. Il nostro falsario pensa bene invece di ambientare la lettera nel 1103. Non solo: a parte la scelta infelice dell’avo tra i tanti a disposizione (si tratta di un falso) per le ragioni già dette, va a sceglierne uno con un nome che non c’entra niente con Amarelli e v’è di più, del quale non si sa neanche che titolo nobiliare avesse, a parte l’affermazione di Guglielmo di Tiro che lo diceva di nobile lignaggio!

 

Insomma, le motivazioni per ritenere falsi questi due documenti non sono molto convincenti, sembrano piuttosto scaturire da una convinzione dottrinale degli storici più che da osservazioni ponderate e ragionate.

 

Nelle ricerche che stiamo proponendo e che hanno dato modo ad un bravissimo regista di Canale 5, Fabio Tamburini, di produrre i due documentari visibili su questo sito, vengono presentate per la prima volta le tracce ritrovate in Lucania  che testimoniano la veridicità della versione di Filiberto Campanile. Si tratta di prove rimaste nell’ombra per 700 anni e che oggi non è più possibile ignorare. La più eclatante si trova a Castelmezzano, un piccolo borgo medievale arroccato sulle Dolomiti Lucane.

 

A Castelmezzano, l’antico Castello Mediano, esiste una situazione unica:  lo stemma del borgo, rimasto dal 1105 fino ad oggi sempre lo stesso, è quello di due cavalieri su un solo destriero ossia il  sigillo dei Templari! Non esiste nessun altro posto in Europa che abbia questo stesso stemma. Ma la traccia più sorprendente è costituita dalla icona conservata nella Chiesa della Stella Mattutina[2] di Castelmezzano: la madonna con la frase incisa sulla cornice: “Hic Habitabo quoniam elegi ea, Stella Mattutina” AID 1117.

Figura  SEQ Figura \* ARABIC 3: Hic Habitabo quoniam elegi ea, stella Mattutina

 

 La frase, tratta dal salmo 131, è la stessa che deve declamare il precettore dei Templari, mentre la data, in cifre arabe, denota l’esistenza della confraternita antecedente a quella  generalmente considerata dalla storia come data della nascita dell’Ordine: 1118[3]. E’ da notare che le cifre arabe furono importate in Europa proprio dai Templari. Il coinvolgimento di Castello Mediano nella prima Crociata è testimoniato da una particolare tradizione: la venerazione della Sacra Spina in tutti i venerdì del mese di Marzo. La sacra reliquia, riportata probabilmente da Boemondo d’Altavilla nel 1105 o dalla confraternita dei cavalieri che originarono l’Ordine Templare, veniva conservata nella Chiesa della Stella del Mattino. I pellegrini si sottoponevano al rito del bacio della sacra reliquia dopo aver strisciato con la lingua il pavimento della chiesa.[4] Rilevante anche la circostanza che la protettrice del paese sia Santa Maria dell’Olmo, albero particolarmente simbolico per i Templari perché usato anticamente per sostenere la vite che rappresenta il sangue di Cristo.

 

Figura  SEQ Figura \* ARABIC 4: stemma di Castelmezzano; a destra l’antico ingresso alla chiesa della Stella del Mattino

 

Figura  SEQ Figura \* ARABIC 5: Sigillo Templare

 

Ma le scoperte non si sono limitate a Castelmezzano. Due anni fa Nicola Barbatelli, un grandissimo esperto di storia degli Ordini Cavallereschi, svolgendo le sue ricerche in Lucania, fece a Vaglio una scoperta eccezionale: ritrovò una antichissima statua lignea di San Bernardo in una cappella di un antico cimitero. San Bernardo era il protettore dei Templari e colui che scrisse per loro la Regola nonché la “De laude Novae Militiae”. Alcuni ritengono che fu tra i fondatori dell’Ordine. Bene, questa statua è unica nel suo genere, perché ai piedi di San Bernardo c’è una testa mozza barbuta. Ma non è finita: sulla testa è stato inciso un “quatre de chiffre” ossia il misterioso segno attribuito ai costruttori di cattedrali medievali.

A parte le considerazioni che si potrebbero fare riguardo alla testa barbuta, che ricorda sicuramente la vicenda del Baphomet e che fu uno dei capi di accusa per idolatria rivolte ai Templari, è interessante considerare che l’esibizione di teste mozze è una caratteristica tipicamente celtica. Nelle credenze celtiche era radicata l’idea che le qualità umane quali coraggio, forza, valore, saggezza, fossero contenute nella testa. Questo diede origine ad una consuetudine alquanto macabra di conservare le teste di personaggi di particolare importanza. Non era importante se questi fossero dei nemici o di appartenenti alla propria gente: alla loro morte venivano decapitati e le teste costituivano reliquie di particolare venerazione. E’ nota la leggenda di Braan il Beato, che chiese ai suoi compagni di decapitarlo e di venerare la sua testa. In questa tradizione si può comprendere il probabile significato dato alla testa apposta ai piedi di San Bernardo: raccoglierne l’eredità morale. Se, come ritiene Nicola Barbatelli, le lettere scritte ai piedi della statua: MM; BF significano Magister Militiae e Bernard de Fontaine, il significato potrebbe essere proprio quello di raccogliere l’eredità dell’ultimo Magister Templi, ossia di Jacques de Molais. San Bernardo, protettore dei Templari, rappresenta l’origine dell’Ordine, la testa di Jacques de Molais la fine. Il simbolo del “quatre de chiffre” inciso sulla testa sarebbe pertanto una sorta di firma di chi raccoglieva questa eredità . E’ noto che questo simbolo era frequentemente usato da Confraternite di Costruttori di Cattedrali in Francia.

 

Figura  SEQ Figura \* ARABIC 6: Testa ai piedi di San Bernardo di Vaglio di Lucania

 

Un’altra straordinaria scoperta fu fatta riguardo alla Cattedrale di Acerenza. Vari anni fa, quando cominciammo le ricerche sulla presenza di templari in Lucania, ci chiedemmo se Acerenza aveva un qualche significato in tali vicende. Assieme ad un architetto dell’Università di Nanchino, Yang Hui, ricostruimmo al computer la geometria della pianta della cattedrale, geometria che ci riservò una grande sorpresa: l’intera pianta della cattedrale, costruita dall’Arcivescovo Arnaldo nel 1080, era basata su una regola aurea. Sembrerebbe non esserci nulla di nuovo: moltissime chiese romaniche sono state costruite con rapporti aurei, ma quella di Acerenza è diversa. La differenza sta nel fatto che in questo caso non si è usata semplicemente una proporzione aurea, si è usata una regola aurea. Applicando tale regola geometrica, per altro di non semplice costruzione, si è in grado di ricostruire ogni singola parte della pianta stessa della Cattedrale. Si possono localizzare e dimensionare le torri, le cappelle radiali del deambulatorio, le dimensioni del coro, dell’abside e del transetto. Questo criterio di dimensionamento non è stato rilevato mai in nessuna altra chiesa. Acerenza è unica e probabilmente ha un significato preciso, un messaggio scritto con la geometria e la pietra[5].

 

  

Figura  SEQ Figura \* ARABIC 7: Acerenza, costruzione del deambulatorio

 

Insomma seguendo la ipotesi che il resoconto di Filiberto Campanile e che la lettera Amerelli sono documenti veritieri, abbiamo fatto ricerche in Lucania ed abbiamo trovato talmente tante testimonianze della verità di questa storia che non c’è più nessun dubbio che i primi Templari, o prototemplari come li chiamano gli storici, abbiano avuto origine qui.

D’altro canto si sa con certezza che anche l’Ordine degli Ospitalieri, oggi Cavalieri di Malta, fu fondato in Terra Santa dagli amalfitani, quindi per quale motivo l’Ordine Templare non dovrebbe provenire dalla stessa area? La verità è che il ruolo avuto dai normanni del Sud Italia nella vicenda della Prima Crociata è ancora molto, troppo sottovalutato.

Eroi normanni come Roberto il Guiscardo, Boemondo, Tancredi d’Altavilla  agitano ancora oggi le loro ombre  tra i nostri borghi medievali e le nostre campagne. La tomba del Guiscardo si trova a Venosa, nella Incompiuta, un posto magico dove se si tende l’orecchio si può ancora ascoltare il suo urlo terrificante in grado da solo di mettere in fuga gli eserciti bizantini e saraceni.

C’è ancora tutto da scoprire qui, basta crederci e lasciarsi trasportare dalla magia del nostro Meraviglioso Sud.

Estratto da   http://it.wikipedia.org/wiki/Wolfram_von_Eschenbach


[1] Bulst-Thiele, Sacrae Militiate Templi Hierosolymitani Magistri, I Gran Maestri Templari, trad. Renzo Pardi, ed. Volumnia Perugina.

[2] Stella Mattutina, chiesa della Spina, chiesa dell’Olmo sono tipici nomi templari.

[3] L’ esistenza di questa icona fu mostrata per la prima volta dal documentario “Nel nome dei Templari” andato in onda su Rete4 nell’Ottobre del 2005, con regia di Fabio Tamburini. In quella occasione, nel dibattito che vedeva presenti oltre al regista anche il prof Cardini e il Gran Maestro dell’Ordine Templare Zampolli, Cardini si mostrò scettico dicendo che si trattava semplicemente di una icona posta da qualche pellegrino su una delle vie seguite per imbarcarsi verso la Terra Santa. E’ chiaro che il prof. Cardini non ha la benché minima idea di dove si trovi Castelmezzano, luogo decisamente disagevole per essere un luogo di passaggio. Ma in più non ha saputo spiegare in modo convincente il motivo per cui la frase riportata sia esattamente quella che deve essere declamata dal Precettore dei Templari, come dimostrato da Zampolli, e la data: 1117. Il tutto è associato a chiari simboli templari, a toponimi templari (chiesa della spina, stella mattutina etc) ed alla antica porta di ingresso alla chiesa, mostrata da don Mimmo, il parroco di Castelmezzano. La porta è sormontata da una croce templare e preceduta dai classici quattro scalini che venivano generalmente anteposti all’ingresso delle loro chiese.

[4] Antonio Viccaro, Fra le Dolomiti Lucane Castelmezzano, ed. Edipo, 1984, pg. 60.

[5] Si può a tal riguardo consultare: Gianni Glinni, Messaggi Occulti nella Cattedrale di Acerenza, Hera, gennaio 2008.

 

www.studiolegaleglinni.net

 

 

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