IL DIO CHE VORREI


 

Un dio!

Un dio con la lettera minuscola

Un dio inclusivo e non esclusivo

Un dio che vivifica e non mortifica

Un dio che esalta e non prostra

Un dio che sorride e non intimorisce

Un dio che innalza e non abbatte

Un dio che non atterra per poi consolare

Un dio che non affanna per poi suscitare

Un Dio che non voglia dimostrare la sua onnipotenza

né la sua infinita misericordia, non ne ha bisogno!

Lo capite corifei del nulla e della menzogna?

Un dio che tacita i portavoce che parlano in suo nome.

Vorrei un dio che esiste quando non lo dimostra

Un dio che è assente per definizione

Un dio che c’è quando non impone la sua presenza

Un dio che non vuole l’osanna in alto nei cieli

Un dio che non ha bisogno di far morire il figlio

per redimere un’umanità colpevole.

Un dio che irrompe immaginifico in primavera

e che defunge lento e lasso in autunno

nell’inedia lamentosa di un cucciolo d’uomo nero.

Un’onda divina che copre le mille croci

che hanno avuto storia nel fondo del Mediterraneo.

Dio s’appare universo di richiami fra i ghiacci solitari

e nel vento senza posa delle tempeste aurorali.

Un dio che imprime i suoi comandamenti nell’animo

non sulla pietra che qualcuno romperà.

Un dio che non costringe alla prova

angeli non si sa perché asessuati.

Dio non è un bene che ha bisogno della sua antitesi per esistere.

Dio non è un male che mai vincerà, per statuto!

Né un dio collerico che ha in sé il gene della collera

Né un dio vendicativo che ha in sé il germe della vendetta

Né un dio che elegge un popolo per perseguitarlo in eterno.

Vorrei immergermi in Lui, nell’alfa e nell’omega

Vorrei volere in Lui, nel corpo e nell’anima

Vorrei essere Dio nel profondo e nell’eccelso

Il Dio del sempre e il Dio del mai, nella realtà e nel sogno

Gioia lieta e disperazione afflitta, nel prima e nel dopo

Volontà potente e accidia ignava

L’Umano del volto di un bambino alla poppa

E il Disumano del fumo del crematorio nazista

Della prepotenza che seleziona vite per nutrirsi

Che affetta prosciutti, che alleva cincillà

Che organizza ovili e sericolture

Che mozza mani se rubano la luce delle pietre

Per  il collo di gallina faraona fra cristalli illuminati. 

Gustarlo in un violino all’alba fredda di gelo

Ascoltarlo nel sorriso della stella diana nel diaspro cielo

Odorarlo giunto a me dagli abissi del tempo cosmico

Rivederlo nel profumo di violacciocca al primo fiorire

Toccarlo nell’orrore e nel furore di esplosioni ctonie

Respirarlo nei rivolgimenti tettonici

Scovarlo finalmente nella Morte totale

E nella Vita assoluta delle galassie e delle nebulose

Il dio che non dà spiegazioni perché non ce ne sono

Perché l’esistenza si spiega nell’esistenza

Già totalmente compresa nel mio ateismo.

 

 

Ferdinando Dello Iacono

 

INDIETRO