LA lupA
(Riduzione in versi della novella del Verga)
Geme il tuo corpo
lì, nell’aria bruna,
nuda, ti vesti
coi raggi della luna.
Mugoli al vento,
le unghie nelle mani,
s’agita il seno:
l’oggi è già domani.
Pallido il viso,
senz’ombra di un sorriso,
e sul piacer voluto
le labbra di velluto.
Non c’è più via di scampo,
il tempo è ormai scaduto.
Nel cuore e nelle vene,
fuoco e ardor ti piglia
e per aver l’amore,
baratti carne e figlia.
Cieca nell’aia corri,
come un animale
tanto, c’è Nanni tuo
e solo questo vale.
Quel giorno,
al suo morire,
la scorse da lontano,
veniva per gioire,
recando fiori in mano.
Prese la scure e lucido
Si mise ad avanzare
tra il verde dei filari
dove dovea zappare.
La lupa vide pallido
il viso suo venire,
ma non avea paura
forse,volea finire.
Non arretrò d’ un passo,
né pronunciò parole,
gli corse solo incontro,
come per far l’amore.
Guardandolo negli occhi,
gridò:- Meglio la morte,
se è questo che tu vuoi
accetto la mia sorte!-
Mentre sull’aia umida
il Nanni la uccideva,
su quella terra arida
il sole vi piangeva.
Sui campi di papaveri,
forte soffiò il vento,
gemiti di dolore,
tra i sassi e il firmamento.