di
FRANCO PASTORE
[Premessa]
Prima di rendere in lingua partenopea l’efficacia e la universalità delle favole, e necessario intrattenersi alquanto su questo genere letterario, antico ed interessantissimo.
L’etimologia di "favola" implica la fusione di termini appartenenti a differenti lingue antiche : il vocabolo deriva dal latino "fabula", che, a sua volta, lega con il verbo latino: "fari" e dal greco "jemi" , entrambi col significato di "dire, parlare, raccontare". Termini che trovano la loro origine nell'antica radice indoeuropea bha.
L'etimologia ci dimostra, in maniera indiretta, quanto antica sia questa forma letteraria, e come si incunea negli usi e costumi di popoli, che amavano trasmettere alle nuove generazioni abitudini, costumanze e credenze popolari. La favola, dunque, è di origine popolare ed annovera tra i suoi maggiori autori il greco Esopo (VII secolo a. C.) ed il latino Fedro (I secolo d. C.). In questo contesto, si colloca la favola greca con Esiodo ed, in seguito, Archiloco e Simonide, Aristofane, Erodoto, Platone, Aristotele ed altri ancora. Nella letteratura greca, la favola comparve sempre a descrivere, con atteggiamento critico, il mondo ed i suoi accadimenti, alla stessa stregua del mito e dell'aneddoto.
Fin dal dal V secolo d.C., si iniziano ad attribuire, con una certa frequenza, ad Esopo alcuni di questi racconti, con la qualificazione di "logos di Esopo", che servì a definire ciò che oggi chiamiamo favola. Coltivata da poeti satirici, la favola si originò, come avvenne per la satira (da LANCS SATURA, piatto ricolmo di primizie) nelle feste popolari, ove predominavano libertà di parola ed ironia.
Esiodo fu uno dei principali favolisti greci della Boezia, ove lo scrittore trascorse tutta la sua vita, coltivando il podere del padre. La sua figura è avvolta dalla leggenda, ma la tradizione lo vorrebbe erroneamente vincitore in una gara poetica su Omero, al quale fu sicuramente posteriore. Oltre a numerose opere, di dubbia autenticità , sotto il suo nome ci sono giunti due grande poemi: la Teogonia, e Le Opere e i Giorni.
Quali sono le radici culturali della favola greca? Senza nedgare l’ originalità dei testi greci, oggi, si può affermare con sicurezza che su di essi esercitò la sua influenza la favola mesopotamica e, con ogni probabilità, quella indiana.
La favola mesopotamica proliferò all'interno della letteratura sapienziale, che pare abbia influìto su Esiodo ed, in seguito, attraverso Akhikar, su Esopo . Ma, al tempo stesso, è all'origine delle raccolte indiane, come il Pancatantra, nelle quali, entro una cornice che vede un personaggio esporre alcuni avvenimenti e chiedere consigli ad altri, si narrano storie e favole di genere diverso. Il "Romanzo di Esopo", un libro popolare del V secolo a.C., il favolista sarebbe stato uno schiavo frigio fuggito, dopo avventure e peregrinazioni, in Oriente, ove fu condannato a morte, sotto la falsa accusa di furto sacrilego.
Ad Esopo, già alla fine del V secolo, si attribuivano un certo numero di favole, la cui popolarità è attestata da Aristofane e da Plauto. All'epoca, le favole di Esopo costi-tuivano una delle prime letture scolastiche. In seguito, esse furono continuamente va-riate ed arricchite. A noi sono giunte circa 500 favole, frutto di redazioni diverse tra il I secolo e il XIV secolo, derivanti anche da raccolte antiche. Tra queste, la prima di cui si conosce l'esistenza è quella opera di Demetrio Falerio (siamo nel IV secolo). La struttura della favola di Esopo è semplice: i protagonisti sono gli animali, la narrazione è breve, lo stile semplice ed efficace, il fine è l'insegnamento morale, il riferimento è la vita quotidiana. Questa tipologia rimarrà praticamente inalterata nel corso dei secoli. La morale delle favole di Esopo è incisiva nella sua semplicità, e categorica nel respingere ogni forma di prepotenza e di attacco alla libertà individuale, nel pieno rispetto della universalità del diritto e nel difendere, sia pure in forma elementare, la giustizia . A Roma, la presenza di favole ci è stata attestata fin dai primi tempi della Repubblica: Livio e Dionigi di Alicarnasso ci ricordano quella famosa di “Menenio Agrippa”. Di "fabellae animales" ci parla Orazio, che, oltre diversi spunti favolistici presenti nelle Satire e nelle Epistole( come in Ennio e Lucilio) ci dà un valido saggio di favole.
Fedro fu il primo, tra i poeti dell’antichità, che concentrò, nella favola, tutta la sua attività poetica, ma riuscì più moralista che poeta e, per quanto dichiari, nel proemio del I libro, di derivare gli argomenti dall'antico Esopo, introduce, a cominciare specialmente dal secondo dei suoi cinque libri , tra le favole di soggetto animalesco e di vita contemporanea. Petronio ed Apuleio, poi, non disdegnano il ricorso alla favola. L'elemento caratteristico delle favole di Fedro è la antitesi che si oppone alla tesi consolidata: (tesi) i maschi delle capre hanno la barba; (antitesi) anche le femmine vogliono la barba. Giove, padre degli dei e degli uomini, non può appianare tutte le differenze naturali tra i vari individui o gruppi di annimali, allora…
La situazione, sia pure fittizia, è rispettosa delle leggi fondamentali della natura ed il riferimento al mondo reale degli uomini è palese. Ritroviamo, infatti, la vanità femminile, la paura dell'uomo di perdere qualsiasi connotato di appartenenza al sesso forte, il terrore per l’incerto.
Certamente Fedro destinava le sue favole ad un pubblico di lettori, capaci di elevarsi dalle bassezze umane, tuttavia, crede che non sia possibile cambiare l'uomo, né la società. Di qui il suo realismo: la sincerità e l'amicizia sono un’ utopia.
Franco
Pastore