COME CONOBBI MAMMA LUCIA

(LA MADRE DI TUTTI I CADUTI)

 

 

          Fu il pittore Luigi Grieco a parlarmi per la prima volta di Lucia Apicella, nel 1980. Lo fece con tanto calore da accendere quella curiosità, che divenne, succes-sivamente, commozione ed ammirazione. La popolana abitava in una casa modestissima, che all’interno ed all’esterno dimostrava una vetustà incredibile, come se fosse uscita dalle pagine di un vecchio giornale. Una quindicina di gradini, smussati ed irregolari, portavano ad una porta spessa, con una grossa chiave infilata nella toppa. L’abitazione era costituita da un solo ambiente, dove un tavolo sconnesso divideva lo spazio tra un letto ed un  vecchio  comò, che fungeva da altarino per una grossa icona, con un cuore di Gesù a tutto campo.

- Asséttete fìgliu mio – mi disse con una dolcezza infinita.

- Tu vuò fa’ l’intervista a sta mamma toia?- continuò, senza che potessi rispondere.

- E va bene! Stamme a sentì!- ed iniziò la sua storia.

             Nel 1944, i Tedeschi avevano raccolto i loro caduti in  cimiteri improvvisati, ma quanti  morti  rimanevano insepolti e che sfacelo nei cimiteri di guerra! Il gelo, i predoni ed il vento avevano frugato tra le pietre  tombali, tra le ortiche e  la fanghiglia. L’uomo aveva profanato  la morte, rubando scarpe, anelli e Crocifissi d'oro. La miseria  aveva indurito i cuori  e  l'umanità  non  aveva  più paura dei fantasmi, né aveva pietà  per le membra  dilaniate di  poveri  giovani, sottratti all’amore delle loro donne  e delle madri, che  aspettavano ancora il loro ritorno, all'ombra delle  case distrutte. Mamma Lucia, nella notte del 24 maggio del 46,   sentì la loro voce e, di mattina presto, di buon passo, si avviò verso S. Liberatore.

              A questo punto del racconto, la donna si fermò, guardò verso il cuore di Gesù e gli occhi le si riempirono di lacrime, nel mentre che stringeva, tra le mani ossute, un vecchio rosario. Riprese a narrarmi, di come aveva scavato nella terra con le quelle povere mani ed aveva cercato i resti dei “figli suoi”,  conservando le loro ossa in cassette di zinco,  costruite togliendo il pane di bocca ai suoi familiari. In S. Giacomo, la chiesa che le era stata affidata, quei resti ebbero i conforti religiosi, prima di essere spediti alle famiglie lontane. L’intervista continuò a lungo. Lucia mi disse dell’ipocrisia, degli ostacoli che aveva incontrato e che gli uomini non avevano capito che “l’amore per i morti era amore per la vita”.

              Ebbi l’onore di consegnare alla donna, nel luglio del 1980, nel salone dei marmi di Salerno, la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica. In quella occasione, l’attore Franco Angrisano, della compagnia di Eduardo De Filippo, drammatizzò il radiodramma che avevo scritto per mamma Lucia, tra la commozione di centinaia di cavesi e salernitani, accorsi ad onorare colei che i tedeschi avevano soprannominato la “MUTTER DER TOTEN”, la madre di tutti i caduti. Alla manifestazione erano presenti rappresentanti del mondo politico e della cultura,   tra questi questi ultimi, Domenico Rea, anch’egli premiato, per la dotta presentazione dell’opera “Il Vangelo di Matteo”, scritto da me e L.Annarumma ed illustrato dal    Grieco. La stampa nazionale diede ampio spazio alla notizia, riportando le fasi salienti della manifestazione. All’epoca mamma Lucia aveva novantasette anni.

              Centinaia furono le salme recuperate da Lucia Apicella, tra mille difficoltà ed il costante pericolo di perdere la vita, per lo scoppio di qualche granata, ma tenace fu l’attività della donna, che per lunghi anni  recuperò le spoglie dei figli di mamme lontane, su monte S.Angelo, monte Castello e monte S.Croce. Ecco perché radio Stoccarda aveva trasmesso al mondo: “ Un popolo che ha dato i natali ad una donna come Mamma Lucia, merita tutto il nostro amore, tutta la nostra gratitudine, tutto l’onore di cui siamo capaci” (da Il Giornale d’Italia del 27 marzo dei 1952).

              L’8 maggio del 1952, Beniamino Gigli, al San Carlo, le dedicava la canzone “Mamma”.

             In Germania, in suo onore, in occasione di un suo viaggio, coprirono le strade di petali di rose ed ancora oggi, nel mondo, il suo nome è sinonimo di amore per la vita. Solo  in Italia ci limitiamo semplicemente ad ignorarla, invece di considerarla la più fulgida delle nostre eroine.

 

 

 

Mamma Lucia al tempo

Della ricerca dei “suoi Figli”

 

Mamma Lucia

al Salone dei Marmi

 per la premiazione,

 all’età di 97 anni

(da “la Nuova Frontiera” 30/6/1980)

 

Franco Pastore Al Salone dei Marmi Per premiare

 M.Lucia e ricevere a sua volta il premio “Verso il 2000”

per il libro “Mamma Lucia ed altre novelle” giugno 1980

 

 

 

Mamma Lucia in Germania, accolta da eroina

Beniamino Gigli canta in onore di M.Lucia

 

 

 

 

Franco Pastore

 

 

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