IL FAIANESE
Il lungomare, dal porto alla marina di Ponteca-gnano, si offriva al tiepido sole del tramonto. Dal “Principe Arechi” a Foce Sele, un lungo nastro d’asfalto divideva il mare da un ricettacolo di alberghetti malavitosi, dove prostitute locali e d’importazione, travestiti e “protettori” trovavano il loro habitat naturale.
Vanni, un tranquillo sessantenne di Faiano, percorreva il litorale salernitano nella sua panda bianca, un veicolo che si teneva insieme per non so quale misteriosa magìa. Magro e malandato, procedeva lentamente, come si cammina dietro ai funerali, quando la macchina che ti precede ti costringe ad una velocità prestabilita. Col viso scavato dal tempo e gli occhi buoni, avvezzi al sorriso, intimamente, si compiaceva di quel meraviglioso riflesso del mare, al sole del tramonto. All’altezza delle piscine, infilò la mano nella sacca dello sportello, rasserenandosi: i cioccolatini erano lì, non se ne era dimenticato. Accelerò leggermente e si portò a cinquanta all’ora.
Rantolando, la macchina imboccò il rettifilo ed il viso Vanni si illuminò. Eccole, le sue puttanelle! Stavano una a fianco dell’altra, come sorelle di un medesimo convento. Il faianese rallentò, gli occhi gli si riempirono di lacrime ed in cuor suo si rallegrò:
- Oggi non avranno freddo, le mie bambine!-
Rallentò con prudenza, per non ostacolarne il lavoro, poi, sterzò verso di loro, tagliando la strada ad un tir, che protestò strombazzando.
Maria, che Vanni chiamava affettuosamente Nunù, fu la prima a vederlo e si avvicinò alla ferraglia :
- Ciao caro, come stai?-
- Ci vediamo questa sera?- proseguì, senza attendere risposta,
- Certamente!- rispose l’uomo col tono delle cose scontate.
- Alle ventuno?-
- Si, alle ventuno!- confermò Vanni, offrendole alcuni cioccolatini della sacca. La donna li prese ed aggiunse:
- Mi porteresti un caffè caldo senza latte? Ho la gola secca, questa sera-
- Va bene!- rispose pazientemente Vanni, allontanandosi, subito dopo, di una cinquantina di passi.
La seconda sosta fu presso due bionde, sui venticinque anni:
- Ciao Vanni!- salutò la più piccola delle due.
- Ciao tesoso, ricambiò il faianese, con un sorriso confidenziale, come
va il lavoro?-
- Non si batte un chiodo, nemmeno a pagarlo a peso d’oro- rispose l’altra-
- Consolatevi con questi cioccolatini!- disse loro Vanni per rincuo-rarle.
- Sei gentilissimo, caro!- rispose ammiccando la più piccola, mentre il faianese metteva in moto la vettura.
L’auto ripartì arrancando e, tagliando la strada alla lunga fila di macchine che venivano da Paestum, si portò sulla destra, per scomparire, subito dopo, nella direzione di Pontecagnano.
Vanni continuò ad incontrarsi in tal guisa, per un lungo anno. Perché lo facesse, era un mistero: forse perché aveva compassione di quelle donne, o perché riteneva che fossero ingiustamente etichettate da una società ipocrita e moralista, che colpevolizzava il mestiere più antico del mondo. Spesso, però, soleva dire agli amici che la società sopporta ben altre prostitute, quelle che stravolgono le famiglie e fanno dilapidare grosse fortune.
Una sera d’inverno, i ceppi accesi del camino diffondevano un dolce tepore e Pina, sua moglie, giocava a carte con la figliola e la signora Rosa, una cara amica di famiglia. Improvvisamente, un tuono tremendo fece vibrare i vetri della finestra del soggiorno e la pioggia venne giù, come se si fosse aperto improvvisamente il cielo. Si alzò e corse verso la porta.
- Devo uscire!- disse laconicamente alla moglie.
- Con questo tempo! Sei impazzito?- cercò di dissuaderlo la donna.
- Devo uscire!- ripeté Vanni, con tono deciso.
Negli occhi increduli di Pina comparve tristezza e preoccupazione, quando la porta si chiuse e la panda si allontanò sotto la pioggia.
Vanni avanzava a fatica. I tergicristalli erano inefficaci, per la vio-lenza dell’acqua, ma era fermo nel suo proposito di proseguire: le sue “creature” erano in difficoltà e Maria doveva raggiungere la stazione.
A Mercatello girò per la lungomare e proseguì per la litoranea, sorpas-sando le macchine ferme per l’improvviso acquazzone. Raggiunse le piscine e superò la doppia curva, imboccando il lungo rettilineo. Le vide in lontananza, che cercavano di ripararsi sotto il portico del “Principe Are-chi”. Accelerò. Alla loro altezza, sterzò rapidamente a sinistra. Un tir, targato Bari, lo prese in pieno, trascinandolo per oltre trecento metri. L’autista imprecò e scese rapidamente dalla cabina; i fari del camion illuminavano un ammasso di rottami senza forma. Una mano insanguinata sporgeva, stringendo qualcosa di molto simile alla carta di un cioccolatino. Il traffico si bloccò, in lontananza la sirena di una volante ruppe il silenzio, le prostitute a scapparono e dileguandosi nella notte.
Franco Pastore