IL GUSTO DELLA VITA
(Gerardina)
Gente che va e che viene, senza sosta e senza riguardo per chi soffre. Vengono preparati come per una festa o un incontro conviviale senza invito; col sorriso idiota stampato sulle facce e profumati, come travestiti in calore. Si siedono sui letti, alzano la voce come se fossero al bar, con uno sguardo globale e compassato alla camerata ed ha chi sta rantolando, pronto ad esalare l’ultimo respiro.
Io me ne sto per i casi miei, nell’attesa paziente della mia ora, godendomi qualche infermiera decente e le carezze di mio figlio, che spera ancora di riportarmi a casa per il novantacinquesimo compleanno. Povero figlio mio! Non ho sbagliato a volergli tanto bene da dare l’impressione di preferirlo agli altri, ma era solo un modo di ricompensarlo per tanta dedizione. L’unica cosa che mi dispiace è di non avere con me la mia Gerardina, con le sue chiappe dure ed il sorriso di Sisina, una simpatica contadinotta dell’agro, che sapeva ben soddisfare le mie esuberanze giovanili. Non è che Maria, l’ostetrica paganese, non sapesse fare all’amore, ma non aveva estro e pensava esclusivamente al suo piacere. Tanina, invece, una splendida trentenne del mio paese, sapeva come accendermi: misteriosa e graffiante, giocava con i miei capelli biondi, alitandomi sull’orecchio come una gattina in amore. Ma la più spregiudicata era Nobile, una brunetta senza scrupoli, che correva dietro tutti i pantaloni del quartiere. Olga, poi, era la “Maddalena” della situazione, per lei ogni occasione era buona per “festeggiare” alla sua maniera. Bianchina era una bambola tascabile, bruna, delicata e piccolina, sospirava come Giulietta da Rimini davanti al suo Romeo. La sua vocina era tutta un fremito, quando veniva a prendere il piacere nel folto giardino di mio nonno, profumato d’aranci e biancospini.
Ma ecco l’infermiera che ritorna, speriamo che non aggiunga altre flebo a questa che sta finendo.
- Eccolo qua, il mio simpaticone!-
- Cosa posso fare per voi?-
- Qualcosa potrebbe…- le dico maliziosamente e stendendo la mano come se
dovesse poggiarvi sopra qualcosa, ma fa finta di non aver mi sentito ed aggiunge altre flebo sulla sommità dell’asta, pronte a sostituire quella che si stà svuotando.
Mio figlio sta sorridendo, meglio così, sembra meno teso ed io posso appisolarmi.
- Salve ragazzi! – si sente improvvisamente nel silenzio della camerata. È quello stronzo del cappellano che, ogni giorno, a quest’ora, viene a fare il suo show. Tutto sommato è una brava persona, con la barba ed il sorriso buono di Padre Pio. Mi sta fissando, ha gia capito che me ne sto andando, ecco, si avvicina:
- Preghiamo tutti per il nostro caro fratello Armando!- iniziano a pregare, compreso mio figlio che ha le lacrime agli occhi. Abbasso le palpebre e prego anch’io, mentre il rompiballe fa il segno della Croce e raccomanda la mia anima a Dio. Vorrei dirgli che sono in pace e che non ho paura, ma la testa ricade sul cuscino ed egli va a far chiasso in un’altra camerata. Vorrei vedere la mia Gerardina.
Certo, ho avuto tante donne, ma l’unica che ho veramente amato, per tutta la mia vita, e mia moglie Nora, buona, dolce sensibile e soprattutto paziente, ha sopportato tutte le mie intemperanze. E si che non sono stato un tipo facile, con le mie scappatelle ed i miei errori. Povera donna, in fondo ha fatto una vita di sacrifici nelle ristrettezze del dopoguerra, quando non c’era spazio nemmeno per i sogni. Questa sera viene a farmi visita con mia figlia ed i miei nipoti, speriamo che la me la fanno coricare vicino, è una settimana che non sento il suo calore.
Come mi manca Gerardina! L’ho conosciuta sette anni fa, quando ancora ero autosufficiente, fu mia figlia a chiamarla come collaboratrice domestica e lentamente, giorno dopo giorno, si è insinuata nella mia vecchiaia, divenendo indispensabile. Per un suo sorriso, un suo tenero atteggiamento, ho accettato ogni cosa, dal bagno alla tenera carezza delle sue mani, nella pratica quotidiana delle pulizie intime. Ed è stata questa intimità a cementare un legame così forte. Purtroppo, da qualche mese, mi ha lasciato per non so quali problemi e mi manca terribilmente, speriamo che mi venga a salutare prima ch’io parta.
- Questa volta non ce la faccio!- sussurro a mio figlio che mi sta baciando sul capo. Poi, la sorpresa più grande: sono tutte qua le mie donne: Sisina, Maria, Bianchina, Olga, Nobile, tutte quante e tutte giovani e belle, quasi mi vergogno di farmi vedere così vecchio. Sorrido a tutte ed esse sono ansiose di portarmi con loro, ma non è possibile, mia moglie non è ancora venuta. Maria mi si avvicina e mi permette di carezzarla. Uno mano fresca si posa sulla mia fronte: riconosco il tocco, è la mano della mia Norina.
- Sei venuta, finalmente!-
- Caro!-
- Vieni coricati con me!-
- Non posso, siamo in ospedale!-
- Ma sei mia moglie! – cerco di obiettare, senza successo. Non riesco a dirle nulla e le bacio la mano, come per sussurrarle: -Grazie per il bene che mi hai voluto!- e gliela bacio ancora e, questa volta, come per dirle addio.
Ecco, l’orario di visita è finito e se ne vanno tutti, anche la mia Norina, che mi lancia dalla porta un ultimo sguardo, con gli occhi umidi di pianto. Se ne vanno convinti che torneranno ancora, come è abitudine di tutti gli uomini pensare che le situazioni durino all’infinito.
Sto per affrontare la mia ultima notte in ospedale e mi preparo all’impresa. Incubi e sogni si alternano con un ritmo impressionante. A tarda ora viene Ermanno, il mio primo nipote, figlio del mio primogenito:
- Ciao nonno, come stai?-
- Non sto bene !- gli rispondo laconicamente e ripiombo nel mio torpore.
Cerco di far passare in fretta questa notte, presto sarò liberato. Franco se ne va e Gino prende il suo posto. Lentamente, compaiono le prime luci dell’alba ed incomincio a prepararmi. I miei fratelli sono tutti ai piedi del mio letto, ma aspetto i miei genitori. Cesare mi sorride ed Alfredo mi dice che stanno per arrivare. Si aprono le porte della camerata ed entrano gli infermieri per le terapie. Mi attaccano un’altra flebo. Sorrido. Arriva la colazione e Gino cerca di farmi bere una tazza di latte. Sento una voce familiare, mi giro ed eccola lì la mia Gerardina è venuta a salutarmi, ora posso andarmene in pace. Mio padre e mia madre sono arrivati, eccoli si avvicinano, cerco di alzarmi per andare loro incontro. Gerardina mi sostiene nello sforzo. Gli occhi incominciano a storcersi, prima di chiudersi per sempre. Gino corre nel corridoio alla ricerca di un medico. Piange il mio povero figliolo, ma sono già tra le braccia di mia madre e, mentre Gerardina mi adagia delicatamente sul cuscino, con lei sto già volando verso il sole.
Franco Pastore