NEVE!
La
neve! In questo 27 gennaio 2005, vorrei esser bambino per giocare, invece mi
devo incappottare e coprire con quattro coperte e piumoni; ho una tosse che
toglie il respiro, ma devo colloquiare con voi. E’ veramente un colloquio
oppure il mio è un soliloquio? Comunque sia vi voglio un bene dell’anima, chi
deve uscire di casa necessariamente stia attento non corra troppo, che le strade
aperte sono sdrucciolevoli.
…
L’anno successivo, ebbi la punizione più grave della mia esistenza: dovevo
sostenere gli esami di licenza media. Perché papà lavorava saltuariamente, per
non pesare sul menage familiare andavo a spigolare e per non perdere molto tempo
portavo con me anche due dei miei fratelli: Nicoletta e Peppino. Preparavo la
colazione, la merenda pomeridiana e l’acqua per Peppino, che era ancora troppo
piccolo per resistere circa dodici ore sotto il sole (infatti, un giorno svenne
e presi una di quelle strizze!). A sera però ero contentissimo, non ci avevano
pagato come gli adulti ma racimolammo trecentocinquanta lire, un altro giorno
solo e avrei potuto pagare le tasse scolastiche e sostenere gli esami, ma… papà
vide le gambe graffiate dalla paglia ancora lasciata dalla falce, attaccata alla
radice, e mi disse che la punizione sarebbe stata severa, anche perché avevo
messo a rischio la vita di Peppino. Il giorno dopo mi portò a lavorare con lui,
aiuto calzolaio a giornata, in casa di contadini: addio guadagno, addio esami.
Appena libero corsi nel mio regno a Montesanto, dove avevo costruito con carpini e rovi una capanna per ripararmi dalla pioggia e per leggere senza essere visto, tanto non c’era pericolo perché i cacciatori da quelle parti non ci venivano mai. E fu sotto il mio capanno che mentre ero in compagnia di Giacomo e i suoi Idilli che il pensiero navigava su strade pericolose, verso l’Infinito e pensavo di raggiungerlo per farla finita, venne a trovarmi la poesia per dire alla vita che cosa pensavo di lei
Reno Bromuro