napoleone e uno

 

 

Uno è morto. Uno sconosciuto è morto. Beh, qualcuno che lo conosceva c’è, ma poca roba. Tra un poco se ne dimenticheranno tutti.

Dunque, questo tizio è appena morto, la sua anima ha abbandonato il corpo, ma, improvvisamente e inspiegabilmente, prima di raggiungere il misterioso Regno dei Morti, si è fermata in un altrettanto misterioso limbo. Qui numerosissime anime, alcune morte da secoli, vagano nel nulla, conversando l’una con l’altra in attesa di un secondo e definitivo trapasso nella quiete eterna.  Un’anima isolata attira l’attenzione di uno. A prima vista le anime sembrano tutte uguali, come bianchi fantasmi, ma dopo che le si è osservate per un poco si riesce a scorgere in esse un’immagine, il riflesso del corpo in cui albergavano. C’è un’immagine particolare da cui uno non rie particolare da cui uno non riusce a distogliere lo sguardo. Un’anima piccola, ma fiera, con un portamento da re, da imperatore. Uno non resiste alla tentazione di avvicinarsi e di parlarle. La tristezza del posto inoltre, sembrava imporre ai defunti di trovare distrazione nella conversazione.

“Salve!” – proruppe uno, “io sono uno che è appena morto. Questa mattina mi sono svegliato per andare al lavoro, come al solito, e mentre uscivo di casa un auto mi ha investito. Sul marciapiede. Si sente sempre parlare di questi incidenti, ma non pensi mai possa accadere...”

“Cosa vi fa credere che io sia interessato a queste cose?” lo interruppe l’anima

“Beh, scusi. Il fatto è che volevo scambiare due parole con qualcuno; lei era qui da solo...”

“Ma voi sapete chi sono io?”

“A dir la verità la faccia non mi è nuova, ma adesso proprio non mi viene in mente...”

“Io sono Napoleone Bonaparte.”

“È incredibile! Napoleone Bonaparte! Lo sapevo però che era uno importante! L’ho capito subito, solo che non mi veniva in mente il nome. Sa, io non ho studiato tanto...”

“Adesso si renderà conto del fatto che ho cose più importanti a cui pensare che a come è morto uno!”

“In che senso?”

“Come sarebbe? Io sono la Storia! Io non ho niente a che vedere con gli uomini comuni. Io ho compiuto imprese impossibili, ho superato prove insuperabili...”

“Beh anch’io ho fatto un pò di cose. Anch’io ho compiuto delle vere e proprie imprese, solo però che non mi do tante arie...”

“È famoso anche lei?”

“No, non direi...”

“E come è possibile che abbia compiuto delle grandi imprese senza che l’abbia saputo nessuno?”

“Forse perché non ho avuto interesse a raccontarle.”

“E va bene: mi ha incuriosito”
”Mi è appena venuta in mente una delle mie imprese più grandi: se vuole gliela racconto...”

“E sia:”

“Okay! Dunque, era l’autunno del 1996, io...”

“1996!” lo interruppe Napoleone, “Dio mio! Quanti anni sono passati! Mi racconti qualcosa del futuro! Chi regna in Francia?”

“Non lo so, c’è la repubblica mi pare, ma questo non c’entra...”

“La Repubblica! Chi l’avrebbe detto! Alla fine...”

“Senta!” lo interruppe uno, “me la fa raccontare la mia storia?”

“Oh, certo, certo! Ma poi dovrà avere la pazienza di dirmi un pò di cose!”

“Va bene, va bene. Dunque, era l’autunno del 1996, e io avevo incontrato una ragazza bellissima! Una ragazza stupenda! Una di quelle che si vedono sulle copertine di Playboy!”

“Playboy”

“Ah già è vero, lei non può sapere... beh, era una ragazza bellissima, una Venere! L’avevo conosciuta in discoteca.”

“Discoteca?”

“Si, un posto dove si va a ballare. Dunque,  dopo averla incontrata un paio di volte in discoteca, la invito ad uscire da sola con me per una pizza.”

“Pizza?”

“E  che cacchio! Per andare a mangiare qualcosa!!

“Ho capito, ho capito!”

“Dunque, eccoci alla sera dell’appuntamento. Io ero stupendo. Lei adesso mi vede così, ma io ero un vero fighetto! Indossavo un completo armani nuovo, grigio chiaro, alla Miami Vice. Passai a prenderla alle otto, con la porsche che Mario mi aveva prestato...”

“Mi duole interromperla buon uomo, ma ho delle serie difficoltà ad intendere la vostra favella.”

“Si ha ragione, questo glielo devo spiegare. La porsche è il nome di un’automobile. Un’automobile è come una carrozza, solo che è senza cavalli.”

“Una carrozza senza cavalli... con un motore?”

“Si certo, con un motore, ma lei come fa a saperlo?”

“Lasci stare, non importa. Continui pure la sua storia”

“Si, beh dunque, ero andato a prenderla con la mia automobile. Lei era bellissima come sempre. Tutto era perfetto. O meglio, quasi tutto. Da quando mi ero svegliato la mattina avevo infatti un pò di fastidio allo stomaco. Non smetteva di far rumore, e per questo decisi di non portarla al cine... ehm, al teatro. Comunque lì per lì non me ne preoccupai più di tanto. Andammo in un ristorante semplice, alla mano. Fu lei a sceglierlo. Io avrei preferito qualcosa di più sofisticato, ma in fondo era lei che volevo impressionare, e se a lei piaceva così, andava bene così. Il locale era in periferia, e in tutta sincerità mi sembrava un pò sporco. Avevano comunque la cucina aperta e potevi vedere tutto quello che facevano. Ordinammo due pizze: è della pasta cotta al forno con pomodoro, mozzarella e qualsiasi altra cosa tu ci voglia mettere sopra. Non avevo molto fame, per via dello stomaco, ma decisi di mangiare lo stesso per non metterla in imbarazzo. Guardavo il pizzaiolo mentre lavorava. Lo guardavo mentre impastava la pizza, mentre la condiva. Vidi anche quando alla fine, dopo la cottura, ci versò sopra un bel pò di olio di semi. Sarà stata la mia impressione, ma quando la pizza mi fu portata, la pancia ebbe un fremito di paura. Decisi comunque di non farmi intimorire, e senza tanti complimenti, mandai giù un pezzo dopo l’altro. A metà pizza, un pitone mi si stava agitando nelle viscere: “Cara, puoi scusarmi un minuto? Devo usare la toilette.”

“Prego, fai con comodo”

Il water fu un sollievo, ma il problema persisteva. Non appena mi rialzavo, dovevo sedermi di nuovo. Ah! L’uomo! Che essere ignobile! Che lordura è questa creatura di Dio! Con lo sguardo rivolto al cielo e con il ventre inchiodato alla terra!

Ad ogni modo, dopo dieci minuti di sporadiche e rumorose evacuazioni, dovetti mio malgrado ritornare da lei.

“Tutto bene?”

“Si si, certo!”

Riuscii a finire la cena senza dovermi rialzare. E a quel punto, l’unico colpo di fortuna di tutta la serata: “Scusami caro, ma ho un pò di mal di testa. Credo di essermi presa l’influenza: non è che potresti riaccompagnarmi a casa?”

“Ma certo cara! Ti accompagno subito a casa, così ti riposi.”

“Mi dispiace di averti rovinato la serata, ci tenevo anch’io a...”

“Non ti preoccupare! Avremo tutto il tempo!”

“Grazie”

Ce la potevo ancora fare. Ci potevo riuscire. Dovevo, mi scusi Imperatore, riuscire ad arrivare a casa senza cacarmi sotto. Venti chilometri per casa sua, altri quindici per casa mia e per il mio buon vecchio water. Ce la potevo fare. Guida sportiva, ma sicura. Aria rilassata, un pò soprappensiero.

“Non stiamo correndo un pò troppo?”

“Trovi? Beh, scusami. Non volevo farti perdere tempo...”

“Si, grazie, ma mi sta venendo un pò di nausea...”

“Va bene, vado più piano”

“Grazie!”

Non importa. Ce la posso fare lo stesso...ohooh...un altro attacco... non ci pensare, non ci pensare! Ce la posso fare! Ce la devo fare!!

Siamo arrivati. Casa sua.

“Davvero non so come ringraziar...”

“Figurati! Ciao”

Andata. La parte più difficile è andata. Almeno adesso non me la farò addosso davanti a lei! E poi adesso posso scoreggiare liberamente. Un momento! Forse è meglio non tentare la fortuna: qui non si capisce mai se è solo aria.  Non importa, ce la farò lo stesso. Sono quasi a metà strada. No!

I carabinieri! Un maledetto posto di blocco. Speriamo non fermino proprio me, speriamo non fermino proprio me...Stop!

“Buonasera agente ecco qui patente libretto di circolazione tutto a posto? Posso andare?”

“Tutto bene Signore? Sembra molto pallido...”

“Oh si! Sto benissimo”

“Può gentilmente scendere dalla sua vettura?”

 “È proprio necessario?”

“Temo di si”

Questa è stata la prova delle prove. Camminare lungo la linea, toccarsi il naso con gli occhi chiusi. Senza farsela addosso. Alla fine però ho dovuto confidare il mio segreto alle forze dell’ordine. In fondo loro dovevano essere dalla mia parte.

“Se non mi lasciate andare subito me la faccio addosso. Sono vittima di un violento attacco di diarrea”

“Perché non ce l’ha detto subito?”

“Mi vergognavo.”

“Capisco. Vada pure adesso, la scorteremo noi”

“Grazie, ma non credo ce ne sia bisogno...”

“Nostro dovere. È in grado di guidare?”

“Si certo...”

“Andiamo allora: non c’è tempo da perdere!”

Non mi aspettavo andasse così, ma non importa. L’importante era mantenere le mutande pulite. Ora più che mai dovevo farcela.

Ero quasi arrivato.

Meno di tre chilometri.

Ero quasi arrivato.

Meno di due chilometri.

Ero quasi arrivato.

Meno di un chilometro.

Ero quasi arrivato.

Meno di cinquecento metri.

Casa mia!

Scendo di corsa dalla macchina. Con la coda dell’occhio vedo i carabinieri che tifano per me. Le chiavi nel portone, le scale più faticose della mia vita, e alla fine eccolo lì: il bagno, il water.

Niente più dolore. Vorrei prenderla con comodo, godermela, ma un ultimo attacco, violentissimo, mi obbliga a saltare i preliminari. La faccio senza neanche sedermi.

È bellissimo.

 Sono purificato. Forse non completamente, ma almeno ho cominciato a purificarmi.

Mi alzo rilassato per andare in cucina, in attesa dell’inevitabile secondo round.

Mi aspetta però una brutta sorpresa. Non così brutta da rovinare la mia epica impresa, ma comunque una gran brutta scocciatura.

L’avevo fatta per terra. Avevo mancato il water. Fu un lavoraccio pulire, ma non mi tolse il buonumore. In fondo ero un eroe. Se ero riuscito a fare quello che avevo fatto, niente sarebbe stato più impossibile per me. Ce l’avevo fatta.

Allora Imperatore? Che ne pensa della mia storia?”

“Una bella storia di merda”

“Già”.

 

Michele da pila

 

 

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