PECCATO VENIALE

 

   

         L’Aretino, nei “Dubbi amorosi”, scrive che “[…] tutti i canoni voglion ch'il peccato se non è volontario non si stima, e che l' uomo non può dirsi dannato se non vende a Satan se stesso prima; unde, quicumque sit, non è obbligato[…], ch'è peccato veniale e dirlo al prete poco o nulla vale[…]” .

          Il dottor Marco Poggiani, uno stimato commercialista d’Arezzo, aveva sposato, in seconde nozze, Laura De Angelis, una giovane ed avvenente sociologa di Firenze.

Dopo vent’anni di ardenti competizioni erotiche, il destino volle che la bella signora si ammalasse di nervi e che perdesse ogni forma di desiderio nei riguardi dell’altro sesso. Grande fu la sofferenza di Marco, suo marito, che non era più nell’età di poter rimediare con quelle pratiche, cui ricorrono i giovincelli, quando si accingono alla scoperta della propria sessualità.

           L’infelice fece il tentativo, ma si sentì talmente ridicolo,  ad agitar le coltri lì, a pochi centimetri dalla Laura, che si guardò bene dal riprovare una seconda volta. Allora, non gli rimase che accettare la situazione con filosofia, tanto più che sua moglie continuava a dormire, senza curarsi minimamente di ciò che accadeva .

            Dopo circa un anno di pietose richieste alla consorte ed incapace di  giochi solitari, l’uomo decise fermamente che non si sarebbe mai più umiliato, ed optò per   un “pensionamento ” anticipato.  

            La vita continuò tranquilla, anzi, la mutata situazione impreziosì il rapporto coniugale con quelle piccole gentilezze, che rendono più sopportabile la vita in due.

            Una giornata d’aprile, splendida e solare, come spesso capitano nella nostra bella terra, il signor Poggiani chiese alla sua signora di preparargli la vasca per un idromassaggio. Chiuse la porta del bagno, deciso a rilassarsi il più possibile, senza  dare eccessiva importanza a ciò che la moglie andava dicendo, circa un boccaporto che si era allentato. Si immerse nell’acqua tiepida e stette a lungo prima di avviare l’idro, regolato sui venti minuti di attività. Quando attivò il motore, avvertì un piacevole massaggio in tutto il corpo e chiuse gli occhi, mentre una sorta di torpore gli annullò ogni affanno, alleviandogli il peso della vita.

            Fu un rumore sordo a scuoterlo, seguito da una specie di sibilo, che gli procurò una certa agitazione. Poi, tutto ritornò normale, ad eccezione del boccaporto che aveva ceduto, pulsando acqua in modo più violento. Fu la parte centrale del corpo a subire quella sollecitazione irregolare e, proprio quando era sul punto di bloccare l’idromassaggio, si accorse  che una parte di sé sembrava gradire quella improvvisa ed innaturale carezza. Per un attimo, rimase interdetto.

            Quello che successe dopo, lo sconcertò non poco e solamente la lunga solitudine poteva, a suo avviso, giustificarne gli effetti.  Infatti, si lasciò andare: chiuse gli occhi ed andò lontano, in un mondo fantastico, dove le belle donne gli si affollavano intorno e mille labbra carezzavano le sue parti più sensibili e delicate. Fu un’apoteosi di sensazioni, che portarono ad esplodere il suo piacere, appagando  un bisogno naturale, per molto tempo frustrato e messo a tacere. Rimase a lungo con le spalle inchiodate alla bianca resina della vasca da bagno, senza avere il coraggio e la forza di muoversi, poi, a fatica si alzò ed infilò l’accappatoio.

            Dovette reggersi al lavabo, per non cadere, ma alla fine si ricompose e cercò di non dare peso alla cosa: non era accaduto nulla, solo sfortunate circostanze che avevano annullato, per qualche minuto, la sua lucida razionalità. Iniziò a fischiettare, per darsi un contegno, in fondo, la sua vita era costellata di belle donne, che lo avevano amato realmente ed appassionatamente. Si insaponò e fece la barba: era di buon umore e si sentiva riconciliato con la vita.

             Stava per uscire dal bagno, quando si irrigidì: no, non poteva lasciarla così disordinata e sporca, sarebbe stata una vera cattiveria, una vile ingratitudine. La sciacquò in fretta, poi la risciacquò più lentamente, alla fine l’asciugò e lucidò con amore, guardandosi bene dal riparare il boccaporto. Si fermò solo quando la vide risplendere lì, tra la parete ed il water, bianca, lucida e così invitante, che sembrava quasi gli sorridesse. Alla fine, rapito dalla sua semplice e lineare bellezza, si chinò e la baciò con trasporto: era nato un nuovo amore.

 

 

Franco Pastore

 

 

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